Il bisogno di avere dei benefici fisici, dei validi stimoli affettivi ed un incentivo alla comunicazione ha spinto la famiglia di Samuele, 13 anni, affetto da cardiopatia congenita complessa (cuore univentricolare con circolazione di Fontan) e da deficit visivo a farlo avvicinare alla pratica equestre del Pony Games.
Da circa un anno e mezzo frequenta il Circolo Ippico Castellano di Castelfranco Veneto e la sua istruttrice, Denise Beltrame, ci racconta di quanto questo sport, che usa come mezzo il pony e come metodologia di apprendimento il gioco, abbia importanti effetti positivi su chi lo pratica. Migliora il tono muscolare e la coordinazione, presuppone un buon tempismo di esecuzione dei compiti e capacità di orientamento. Inoltre, poiché il pony è un animale sensibilissimo, è necessario che il conduttore assuma un atteggiamento da leader e sia sicuro di sé altrimenti il cavallo non eseguirà un compito corretto.
Samuele non ha avuto solo miglioramenti fisici dal rapporto con la sua pony Fly, ma ha acquisito abilità anche da un punto di vista educativo, aumentando il proprio senso di responsabilità: deve prendersi cura di lei, pulirla in autonomia, prepararla ed essere consapevole delle sue esigenze. Questo impegno costante lo incentiva a riconoscere le proprie emozioni tramite una relazione empatica con l’animale.
“Amo molto gli animali, infatti ho due gatti e un cane” ci dice Samuele e prosegue: “Mi piace scoprire in loro, come nelle persone, i diversi caratteri e modi di agire. Al maneggio incontro Fly, una pony molto dolce e paziente. Poter praticare uno sport in cui è richiesta una grande collaborazione con un animale mi rende felice e sereno”.
Ne deriva che la disciplina equestre non può essere definita semplicemente uno sport, ma, poiché capace di trasmettere forti valori affettivi e morali, rappresenta a tutti gli effetti una scuola di vita.