DA ALLIEVO A MAESTRO, UNA VITA DEDICATA ALLA CARDIOCHIRURGIA

//DA ALLIEVO A MAESTRO, UNA VITA DEDICATA ALLA CARDIOCHIRURGIA

Il Centro Gallucci è stata la sede, nei giorni scorsi, di un piacevole incontro. Il Prof. Giovanni Stellin ci ha dedicato un po’ del suo tempo per raccontarsi ed emozionarci, regalandoci così, prima del suo pensionamento, un ricordo prezioso da conservare. Per questo coinvolgente dialogo e per tutto quello che di importante ha fatto in tanti anni di lavoro lo ringraziamo immensamente.

Ecco quanto ci siamo detti:

 

Caro Professor Stellin, se guarda indietro può rivedere tutta la sua lunga e prestigiosa carriera. Quali sono stati gli episodi che ricorda con maggiore emozione?

Ricordo ancora con grande emozione il primo trapianto di cuore in Italia eseguito a Padova con il Prof. Vincenzo Gallucci nel 1985, ma anche il primo trapianto di cuore in un neonato avvenuto nel 1988, con successo, in questa sede. La bimba che allora ha ricevuto il suo nuovo cuore è ora una giovane donna sposata e sapere che ha potuto, e potrà, godere di anni di vita è per me un’enorme soddisfazione.

Più in generale mi gratifica pensare a tutti questi anni durante i quali, assieme alla Prof.ssa Milanesi, abbiamo costruito a Padova un programma per il trattamento delle cardiopatie congenite. Nel tempo questo nostro approccio metodologico è diventato di riferimento sia in Italia che in campo internazionale.

 

Perché, nell’età delle scelte, ha deciso di diventare cardiochirurgo? E come mai si è poi indirizzato, in modo specifico, verso le cardiopatie congenite?

Sicuramente è stata una decisione che ho preso negli ultimi anni di università, affascinato dall’arte della chirurgia sulla quale mi sono sempre documentato, ma soprattutto trascinato da figure carismatiche come quella del Prof. Gallucci, che è stato il mio maestro e il mio direttore per molti anni.

 

Come cambierà la sua vita nel periodo, ormai prossimo, del pensionamento?

Non ho ancora certezze su quello che farò, ma sicuramente non mi metterò a riposo perché desidero mantenermi attivo il più a lungo possibile. Continuerò con l’insegnamento universitario e mi dedicherò alle missioni umanitarie, in particolar modo ad Asmara in Eritrea, ma anche in Albania e Nepal, dando una possibilità di cura ai bambini nati con il cuore malato in Paesi meno fortunati del nostro.

In Eritrea siamo presenti da oltre 15 anni, abbiamo investito molto in quel territorio popolato da persone meravigliose, il team che si è formato è ben integrato con il personale locale e addirittura ci sono medici ed infermieri che si prenotano per poter essere presenti l’anno successivo, spendendo le proprie ferie per questo scopo. L’aspetto più bello non è tanto dato da quello che facciamo, ma da quanto ricaviamo in termini umani: al nostro ritorno ci sentiamo più motivati e lavoriamo meglio. Si tratta quindi di un arricchimento reciproco di altissimo valore.

 

Negli anni Lei ha contribuito a formare un team di medici al quale passerà il testimone. Quali consigli si sente di dare loro?

Il mio consiglio è quello di proseguire l’opera di dedizione alla cura dei malati, ma anche di impiegare tempo e risorse per la ricerca sia clinica che di laboratorio, allo scopo di migliorare le cure stesse e le prospettive di vita dei nostri futuri pazienti.

In questi anni i Proff.  Vladimiro Vida e Massimo Padalino hanno costruito con me il programma per il trattamento delle cardiopatie congenite a Padova, un programma che costituisce un nostro fiore all’occhiello della sanità veneta. Sono veramente felice di lasciarlo ora nelle mani dei miei collaboratori.

 

Lei ha operato moltissimi bambini e adolescenti. Ci si abitua mai al rapporto con una famiglia che soffre? Riesce a vivere queste situazioni con distacco?

In tanti anni di lavoro non sono mai riuscito a restare indifferente o distaccato dalle situazioni di angoscia che vivono i genitori dei nostri piccoli pazienti, soprattutto se quest’ultimi devono soggiornare a lungo in terapia intensiva in condizioni cliniche critiche. Mi sforzo, alla sera quando rientro a casa, di pensare ad altro, sia per un benessere personale che familiare, ma credetemi non è semplice, soprattutto se durante la giornata lavorativa qualcosa non è andato come sarebbe dovuto. Fortunatamente succede sempre con minore frequenza.

D’altro canto devo dire che ci sono molte soddisfazioni che mi danno il coraggio di continuare, come incontrare degli adulti che ho operato da piccoli e constatare che stanno bene e conducono una vita dignitosa.

 

I genitori ed i pazienti possono stare tranquilli riguardo il mantenimento del livello di eccellenza del reparto di cardiochirurgia pediatrica di Padova?

Certamente! Il Prof. Vladimiro Vida ed il Prof. Massimo Padalino sono dei validissimi professionisti. Sono stati miei allievi, si sono laureati a Padova, ma hanno studiato e si sono maggiormente formati anche negli Stati Uniti d’America. Posso affermare, senza possibilità di essere accusato di presunzione, che sono attualmente i due migliori cardiochirurghi pediatrici presenti a livello nazionale, pertanto perfettamente in grado di gestire e trattare anche le cardiopatie congenite più complesse.

A loro, da alcuni anni a questa parte, si è aggiunto il Dott. Fabio Scattolin, un giovane davvero promettente capace altresì, al pari dei colleghi, di instaurare un buon rapporto di fiducia con pazienti e genitori, un aspetto non marginale nella nostra professione.

Questi medici si faranno carico del mio programma chirurgico che avranno in eredità, allo scopo di garantire una continua evoluzione delle cure, non solo rivolte ai bimbi che ancora nasceranno con malformazioni congenite al cuore, ma anche a quelli che, trattati da neonati ed ora diventati adulti, dovranno ancora aver bisogno del loro aiuto.

 

Ha dei suggerimenti da trasmettere ai giovani studenti che sono desiderosi di intraprendere una carriera nella medicina, magari ispirandosi a figure significative come la Sua?

Cerco sempre di dare suggerimenti ai miei studenti e agli specializzandi che si avvicinano a questa professione così complessa. In primo luogo, pur essendoci a Padova un’ottima scuola di specializzazione, io li invito ad uscire dal territorio nazionale per approdare a dei centri di perfezione e di eccellenza su specifici argomenti, interessarsi a questi e fare un training in Paesi preferibilmente anglosassoni. Una volta fatta questa esperienza si spera che i giovani rientrino a Padova per mettere a disposizione le conoscenze acquisite.

Penso sempre al Prof. Gallucci, il quale aveva fatto un training di cinque anni negli Stati Uniti, precisamente presso il prestigioso Texas Heart Institute, e poi, forte di eccezionali doti di innata abilità chirurgica, era tornato in Italia mettendo a disposizione del nostro Paese tutto il suo talento, stimolando anche me a partire per gli Stati Uniti per migliorare la mia formazione.

 

Come la Prof.ssa Milanesi, anche Lei è stato sempre molto presente ed attivo con l’Associazione Un Cuore Un Mondo. Secondo Lei quali vantaggi offre la sua esistenza?

L’Associazione Un Cuore Un Mondo è stata ed è un’istituzione che ha giocato un ruolo importantissimo nello sviluppo del nostro programma legato alla cardiopatie congenite a Padova e all’estero.

E’ nata dal desiderio di alcuni genitori di aiutarsi vicendevolmente, ma si è evoluta investendo nella ricerca, aiutando i nostri giovani medici che tornavano dagli Stati Uniti rendendo possibile la loro attuale occupazione a Padova, ha fatto nascere e continua a credere nella missione in Eritrea, promuove il sostegno psicologico, fa incontrare i ragazzi in palestra con le attività di Un Cuore in Forma.

 

Come continuerà il suo rapporto con l’Associazione?

Io resterò sempre legato all’Associazione ed ora, che non sarò più assillato dal lavoro clinico, spero di potermici dedicare maggiormente, in caso di bisogno.

Ovviamente io tengo molto alla missione in Eritrea, destinata non soltanto a curare i bambini, non solo a far crescere il personale locale, ma anche a far vedere ai nostri giovani com’è la situazione nei Paesi in via di sviluppo, dando un risvolto educativo al progetto.

Continuerò inoltre a spingere per sottolineare l’importanza di sostenere la ricerca, perché rappresenta l’unico mezzo per trovare nuove soluzioni di cura per i nostri bambini cardiopatici, e per rendere possibile la presenza in reparto e fuori della sala operatoria di qualche volontario che, attraverso il dialogo con i genitori messi alla prova, faccia conoscere l’Associazione ed i suoi progetti aumentandone così gli affezionati e i sostenitori.

 

GRAZIE PROFESSORE !

2019-09-25T11:11:42+00:00